Titolo: Death Note
Un film di Adam Wingard con Nat Wolff, Margaret Qualley, Keith Stanfield, Paul Nakauchi, Shea Whigham
Genere: thriller, fantastico
Durata: 101 min
Anno: 2017
Voto: 1,5/5
Gli ultimi prodotti sfornati da Netflix hanno in comune un piccolo dettaglio: tutti mi ricordano quanto io sia ignorante sul mondo della carta stampata e, in particolare, dei fumetti. Prima è stato il turno di
The Defenders, mini-serie dedicata ai quattro supereroi della grande Mela che hanno saputo incantare milioni di fan in passato con i loro show (forse non proprio tutti). Poi è arrivato Death Note, pellicola di Wingard
ispirata (sottolineato eh) all'omonimo manga. All'annuncio piovvero polemiche sull'intramontabile White-washing, piaga tutta hollywoodiana che sembra tornare alla ribalta ad ogni occasione buona. Poi, in qualche modo, le acque si sono calmate fino alla pubblicazione su Netflix lo scorso 25 agosto, data che verrà ricordata come un colossale passo falso della piattaforma di streaming statunitense.
Il film si apre con una sequenza che inquadra subito le sue atmosfere: musichette ricercate abbastanza da essere di facile presa, ragazzo un po' dark nerd/pseudo alternative con capelli improbabili, cheerleader ammiccante in un high school. Adam Wingard sposta le ambientazioni originali nelle più classiche atmosfere dei teen-drama a tinte horror. No, questo non è da condannare: quanti prodotti riusciti, nelle ultime stagioni, arrivano proprio da questo controverso pianeta? Per fare questo, però, bisogna saper gestire benissimo ogni componente, a partire dal materiale originale. Si assiste così alla metamorfosi del protagonista Light (Nat Wolff), teenager orfano di madre e tormentato, che si ritrova tra le mani il Death Note, un diario tra le cui pagine è possibile scrivere il nome di una persona per fare in modo che essa muoia all'istante. L'artefice di tutto questo? Una malefica creatura di nome Ryuk che può essere vista solamente dal possessore del diario. E' l'inizio della fine.

Pur non avendo familiarità con il materiale d'origine, si intuisce il grosso potenziale, tale da poter essere incanalato in serie o saghe di successo. Insomma, le possibili riflessioni etiche e morali legate all'utilizzo di uno strumento che permette di uccidere chiunque sono infinite. Se poi, questo, finisce tra le mani di sprovveduti ragazzini, il tutto assume anche un'aria curiosa. Peccato, però, che tutte queste riflessioni vengano abilmente ignorate dal film: la sceneggiatura appiattisce il tutto con personaggi inconsistenti e svolte telefonate o frettolose. Quanto può essere irritante una sequenza di due minuti da videoclip in cui un ingenuo protagonista si trasforma in uno spietato giustiziere dalla sua cameretta tra un film horror e l'altro? Ah, sfumature, queste sconosciute. Basta poco a trasformare un buon spunto di partenza in qualcosa di... boh, difficile trovare anche le parole con quelle prime morti alla Final Destination e quel finale alla Houdini. Forse basta dire che si tratta di un film senza identità né vergogna.

Bruttino si...
RispondiEliminaNiente di più, niente di meno..
EliminaBruttino ma non bruttissimo.
RispondiEliminaNon conosco l'originale, ma Wingard ha una bella mano.
Come stile ci starebbe anche.. magari in una serie tv capace di dare più spazio ad ogni personaggio. Qui, purtroppo, non mi è proprio piaciuto :(
EliminaL'hai detto tu: "Il Death Note finisce tra le mani di SPROVVEDUTI ragazzini". Peccato che il Light Yagami nipponico è tutto meno che sprovveduto mentre l'americano è un meenchia di proporzioni abnormi.
RispondiEliminaE purtroppo persino Wingard, che di solito adoro come regista, qui si perde in sequenze scicchettose ma vuote.
Pur non conoscendo il manga originale, si intuisce di come il protagonista e soprattutto L siano stati completamente svuotati di significato..
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