Titolo: Il mondo perduto
Titolo originale: The Lost World
Autore: Arthur Conan Doyle
Anno: 1912
Voto: 2,5/5
Lo spirito di avventura, la curiosità per un mondo esotico e misterioso, l'amore per una donna esigente: sono questi i motivi che hanno spinto Edward Malone a lasciare i rassicuranti e tranquilli quartieri londinesi per partire con destinazione Amazzonia verso terre ignote al fianco del burbero professor Challenger. Quest'ultimo, zoologo geniale ma dal carattere difficile e scontroso, vuole dare una definitiva prova delle sue sorprendenti scoperte in Sud America, sempre derise dalla comunità scientifica: lo studioso sostiene di aver individuato un luogo, un altopiano in cui l'evoluzione ha avuto un corso completamente differente da quello che ha caratterizzato le terre circostanti. In questo luogo isolato vivono specie credute estinte da tempi immemori, dinosauri e molto più. La spedizione, che include anche lo scettico professore Summerlee e l'avventuroso Lord Roxton, si rivelerà ancor più incredibile del previsto.
La carriera letteraria di Arthur Conan Doyle va ben oltre l'insormontabile figura di Sherlock Holmes, un personaggio iconico con cui l'autore ha sempre avuto un rapporto burrascoso. I suoi lavori spaziano dal giallo investigativo alla fantascienza più pura passando per il genere avventuroso, tanto in voga a inizio Novecento grazia anche alla popolarità raggiunta da Il mondo perduto. Il mistero del professor Challenger mi ha sempre affascinato: ne ho sempre sentito parlare, è sempre stato citato come ispirazione in alcuni libri e, soprattutto, film di avventura che tanto mi hanno appassionato. Quest'anno, finalmente, ho avuto occasione di leggere il romanzo che ha avviato il ciclo a lui dedicato e, in parte, ho raccolto una cocente delusione.
L'idea di partenza è a dir poco geniale. Perfettamente contestualizzata in un'epoca di imperi, conquiste e grandi scoperte soprattutto in un continente ricco di millenarie leggende e antiche tradizioni. Un atmosfera fantasiosa alimentata dalle avventure di esploratori come Percy Fawcett che hanno dato anche la vita per provare l'esistenza delle loro più grandi ossessioni. Challenger viene plasmato con questa intenzione: ha un'ossessione a cui nessuno vuole credere e per questo viene denigrato, considerato eccentrico e fin troppo anticonformista. La realtà è che questo personaggio è fin troppo intrappolato in stereotipi risultando una macchietta che sembra quasi scimmiottare le caratteristiche più avvincenti dell'illustre Sherlock. In quest'ottica, anche il legame tra Challenger e Malone - narratore attraverso i suoi scritti - è molto, molto simile a quello tra il detective di Baker Street e il dottor Watson: c'è rispetto, ammirazione ma anche uno sguardo straniato. A lettura terminata, si ha l'impressione di aver letto un'avventura di Holmes fuori dai confini londinesi.
Lo spigoloso Challenger, tuttavia, riesce ad essere a modo suo rivoluzionario mescolando in modo incredibilmente affascinante l'adrenalina di una spedizione avventurosa che tiene con il fiato sospeso con la curiosità più pura legata al piacere della scoperta e della scienza. L'intero romanzo è piacevolmente avvolto da questa sensazione che, pur essendo fortemente viziata dalle convinzioni dell'inizio del secolo scorso, riesce perfettamente a rendere partecipe il lettore dello stupore e della meraviglia pura provata dai protagonisti.
Non c'è da stupirsi se, in un secolo di distanza, decine di libri e pellicole si sono ispirate a questo romanzo che, forse, è più convincente nella sua intuizione e nelle sue riflessioni che nel suo svolgimento.
spigoloso
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