SerialTeller
L'appuntamento di Stories. per il piccolo schermo.
Una storia americana ambientata negli anni della Seconda Guerra Mondiale. Provate a pensare a quanti titoli si può associare questo stringata trama. Centinaia, di più, migliaia. Già, gli anni Quaranta sono una sorgente infinita di storie di conquiste e ideali patriottici per gli orgogliosi abitanti della terra a stelle e strisce. E se vi dicessero che una serie di WGN America tra il 2014 e il 2015 ha saputo raccontare le contraddizioni e le inquietudini di quegli da una prospettiva completamente diversa ma complementare?

Quattro anni fa, Sam Shaw accese la miccia di uno dei
period drama più sottovalutati di sempre:
Manhattan. Come il famoso quartiere della Grande Mela. Come il più discusso progetto militare segreto avviato negli Stati Uniti e finalizzato alla ricerca e allo studio dello strumento, dell'arma in grado di porre definitivamente fine al secondo conflitto mondiale. Il progetto Manhattan coinvolse decine di brillanti menti scientifiche e ben tre nazioni: Stati Uniti, Canada e Regno Unito. La base operativa più importante dell'intera operazione era localizzata a Los Alamos, cittadina sperduta nel deserto del Texas e nascosta agli occhi del mondo intero. In grande segreto, tra la polvere e una luce accecante, si diramano e intrecciano le vite di famiglie di scienziati con le loro ambizioni, promettenti idee, preoccupazioni e, soprattutto, grandi indecisioni. In due stagioni, personaggi complessi e sfaccettati cresceranno, scopriranno nuovi aspetti di loro stessi e saranno posti davanti a scelte cruciali.
E' incredibile quanto questo show sia passato tremendamente inosservato. Certo, l'etichetta period drama forse tiene lontana una buona percentuale di pubblico e lo spunto di partenza costituito da un gruppo di fisici e ingegneri alla ricerca della formula perfetta per la bomba atomica forse ha erroneamente suggerito toni impegnativi. In realtà,
Manhattan, sfruttando una formula molto simile a quella fortunata di
Mad Men, racconta un'epoca attraverso personaggi determinanti nonostante il loro lavoro nell'ombra. La splendida
sigla di apertura con affascinanti similitudini tra atomi e persone chiarisce sin dal principio l'intenzione di avventurarsi tra le giornate di quella che è una squadra per nulla esente da angosce, fallimenti e molti ostacoli legati a intoppi nei propri studi oppure legati ai più significativi avvenimenti dell'epoca. Certo, molto di tutto questo è stato abilmente romanzata ma difficilmente scienza, storia e finzione hanno realizzato contaminazioni tali da lasciare spesso a bocca aperta.
Realtà e creatività si mescolano e, al fianco dell'illustre dottor Oppenheimer, figura un nutrito insieme di personaggi di fantasia alle prese con questioni familiari, infervorate ricerche e, talvolta, tesi intrighi di spionaggio. Questo clima tesissimo, sempre ad un passo da reazioni esplosive, diventa terreno fertile per sviluppi appassionati costruiti episodio dopo episodio con particolare attenzione per l'approfondimento dei personaggi coinvolti. Manca il nome di grande richiamo ma gli interpreti in gioco sono molti e sanno come dare umanità e grande profondità a figure concrete, credibili in cui spesso, per piccole o grandi motivazioni, il confine tra bene e male, egoismo e patriottismo sono veramente difficili da distinguere. Menzione d'onore va ai coniugi Winters - John Benjamin Hickey e Olivia Williams - che in due stagioni hanno narrato cadute e imprese di una famiglia normale ma fuori dall'ordinario. Non bisogna dimenticare nemmeno Katja Herbers che con la sua Helen Prins mette in luce le difficoltà e gli ostacoli incontrati da una donna nell'ambiente scientifico dominato da uomini.
Se, ancora, vi rimane qualche dubbio, ecco un'ultima riflessione che spero scateni definitivamente la curiosità nei confronti di questo piccolo gioiellino televisivo. Il più grande pregio di Manhattan non risiede nella "semplice" capacità di confezionare 23 episodi fitti e coerenti e nemmeno nell'ammirabile impresa di riuscire a realizzare un epilogo pressoché perfetto. Questo show riesce, senza nette prese di posizioni, a catturare lo spirito di quell'epoca e, in particolare, di una nazione costretta a fare i conti con moralità, eredità sociale e scrupoli, costringendo a riflettere sul vero significato di bene comune e sui machiavellici mezzi per garantire valori. Manhattan riesce a fare tutto questo con una semplicità disarmante e tutt'altro che ingenua che nasconde ma non dimentica una cura per i più piccoli dettagli e sfumature in grado di fare la differenza tra uno show riuscito ed uno frettoloso e superficiale.
Voto prima stagione: 7
Voto seconda stagione: 8 e mezzo
Sottovalutato sì, anche se non che mi sia rimasta impressa, tuttavia quando le vidi due anni fa (le due stagioni), mi impegnò parecchio (una recensione la trovi nel blog) e si rivelò davvero interessante ;)
RispondiEliminaLa tua recensione me l'ero persa ma ho prontamente recuperato ora, grazie per avermela segnalata!
EliminaSì, ecco, io sono rimasta più soddisfatta dalla visione. Insomma, i gusti son gusti e io - una delle poche persone al mondo a cui è piaciuto il period "The Astronaut Wives Club" - vado matta per qualsiasi sfumatura di questo genere :)