Titolo: Il bandito delle 11
Titolo originale: Pierrot le Fou
Un film di Jean-Luc Godard con Jean-Paul Belmondo, Anna Karina, Graziella Galvani, Dirk Sanders, Samuel Fueller
Genere: drammatico
Durata: 110 min
Ambientazione: Francia
Anno: 1965
Voto: 3,5/5
L'esistenza agiata di Ferdinand Griffon (Jean-Paul Belmondo) scivola via noiosamente tra discussioni di rito con la moglie e vuote serate mondane. Proprio durante una di queste ultime, l'uomo incontra Marianne (Anna Karino), una sua vecchia fiamma che ora è la babysitter dei suoi figli. Questo incontro inaspettato spinge Ferdinand "Pierrot" a slegarsi da tutte le regole e le situazioni che gli impediscono di vivere la sua vita pienamente. Inizia così un lungo viaggio insieme alla giovane che porterà i due protagonisti nel sud della Francia tra emozioni, gangster e inganni pericolosi.
Tra i migliori insegnamenti che la sottoscritta ha avuto dal cinema c'è l'incoraggiamento a uscire dagli schemi, il suggerimento di tuffarsi nell'inaspettato, togliere difese e pregiudizi per scoprire qualcosa di sorprendente. Negli ultimi tempi questo consiglio è stato colto alla lettera e lo spazio di Thursday Classic è diventato un'opportunità per riscoprire piccoli grandi film di anni più lontani. Con Il bandito delle 11 si superano i miei radicati tentennamenti nei confronti dell'universo cinematografico francese e di un tipo di cinema dall'aria intellettualoide che per molto tempo ho guardato con sospetto. Il decimo film di Jean-Luc Godard, simbolo anche della 71a edizione del festival di Cannes, è il titolo giusto per avvicinarsi con curiosità a questo panorama senza timori reverenziali.
"Il cinema è come un campo di battaglia: l'amore, l'odio, la violenza, l'azione. In una sola parola, l'emozione!"
Dietro la cinepresa, Jean-Luc Godard: una figura complessa, controversa e a tratti mistica che sembra somigliare così tanto a questa sua creatura su celluloide. Nei panni del protagonista un Jean-Paul Belmondo che, con quell'aria così camaleontica, riesce splendidamente a passare dalle espressioni annoiate della sua vita borghese a lampi divertiti e divertenti che gli illuminano il volto. La storia del suo Pierrot, nelle cui vene scorrono passione per l'arte, amore per la cultura e per le emozioni stesse, e di Marianne muove i primi passi con cautela tra le tinte drammatiche e le pieghe più personali. Si vive la frustrazione svogliata di un uomo. Il racconto, però, si tinge subito del giallo-noir della fuga on the road con e dal crimine, e si arricchisce di colori dinamici della spensieratezza e del più puro disordine. La splendida fotografia di Raoul Coutard insegue i fuggitivi indugiando anche un po' patriotticamente sul rosso della cravatta di Ferdinand, sull'ingannevole candore dell'abito di Marianne e sul blu del mare della Provenza (e non solo). Sono i colori pop, sono le sfumature - e i non troppo velati riferimenti - di un'epoca di contraddizioni.
Proprio di queste appassionanti contraddizioni si alimenta questo film, dall'apparente aria spensierata ma frutto di complessità e articolate contrapposizioni. Le continue fughe, i cambi di piani, i travolgenti ed infervorati discorsi fuori campo di un protagonista così diverso dalla sua leggera controparte femminile sono solo lo specchio di una condizione difficile e di una continua ricerca senza fine. I significati e le riflessioni emergono gradualmente e affiorano sul finale, sotto un acceso sole all'orizzonte. Non bastano, tuttavia, le ultime sequenze per far luce interamente su una storia costruita con scrupoloso - e per questo affascinante nella sua essenza criptica - disordine. Un film che affascina con le sue scelte fuori dalle regole e che accompagna lo spettatore all'epilogo con la certezza che, prima o poi, la curiosità lo porterà nuovamente à grand vitesse a bordo di una Ford Galaxy insieme a Pierrot e Marianne per cercare nuovi significati e attimi da immortalare.


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