Decollo e crollo di un 'eroe' americano
Droga, 80s e Tom Cruise
Si legge Tom Cruise e subito nella mente scorrono immagini di spericolati inseguimenti e missioni mozzafiato avvolte dalla solita atmosfera eroica di un protagonista coraggioso, determinato e, a tratti, anche un po' narcisista. L'interprete statunitense, con la fortunatissima serie di
Mission: Impossibile e altri titoli di stampo prevalentemente action, ha abituato il grande pubblico a ruoli energici segnati, tendenzialmente, da obiettivi positivi. Tom Cruise, però, ha sempre avuto anche la furbizia di scegliere con molta attenzione i suoi lavori: negli anni ha lavorato con registi come Kubrick, Scorsese e Pollack e con alcuni film ha saputo mostrare anche un'inaspettata vena comica. Con
Barry Seal - Una storia americana trova un ruolo protagonista cucitogli addosso.

Doug Liman, al suo decimo film alla regia, racconta la storia di un personaggio controverso, capace di incarnare le più marcate contraddizioni americani con le sue singolari imprese. Ragazzo prodigio dell'aviazione, Barry Seal al tramonto degli anni Settanta è un pilota di aerei di linea che viene misteriosamente arruolato dalla CIA: dovrà compiere delle missioni di ricognizione in Nicaragua, territorio agitato da rivolte e cartelli criminali.
E' proprio in questi luoghi che entra in contatto con Jorge Ochoa (
Alejandro Edda) con cui stringe un patto per portare oltre il confine statunitense la droga per conto del cartello di Medellin guidato da Pablo Escobar (
Mauricio Mejia). E' questo l'inizio di una grandissima carriera da truffatore e doppiogiochista per Barry Seal. Una vita in bilico tra vita e morte, tra ideali e interessi personali.
Si fa molta fatica ad accettare che tutto ciò che viene raccontato nel film sia realmente accaduto: i fatti narrati, infatti, sembrano essere frutto del più fantasioso thriller o della più articolata spy-story. A prima vista, inoltre, questo potrebbe sembrare l'ennesimo ruolo action stereotipato che gioca superficialmente con gli eventi e i fenomeni che hanno segnato un decennio. La sceneggiatura curata discretamente da Gary Spinelli costruisce attraverso situazioni, occasioni e cambi di bandiera un personaggio fuori dagli schemi che riesce a condensare tutte le migliori componenti della carriera di Cruise: una buona base intraprendente e un sorriso beffardo e ironico che cerca, con astuzia, di trovare sempre un tornaconto. Come un abile pilota, Tom Cruise prende il controllo con grandissima disinvoltura e accompagna il pubblico in una società combattuta tra la volontà di diventare un eroe coperto da meriti e riconoscimenti e il desiderio di condurre una vita oltre ogni limite e contro ogni regola.

Barry è il prodotto di questa società basata su contraddizioni, è un ingranaggio non troppo consapevole di un ingranaggio inarrestabile da cui non si può sfuggire. La regia senza scosse di Liman accenna debolmente questi aspetti potenzialmente esplosivi e preferisce lasciare completa libertà proprio a Tom Cruise che oscura ogni altra figura sulla scena, da un Domnhall Gleeson non pervenuto a un Mejia che, silenziosamente, ridimensiona il mito di Escobar, celebrato negli ultimi tempi da cinema e serie tv. Molti dei personaggi secondari sono stati creati appositamente per enfatizzare l'esuberanza e gli eccessi del protagonista e le minacce a cui era sottoposto. Nel complesso, confrontando il film con i documenti resi pubblici, la pellicola si rivela abbastanza aderente alla realtà, una realtà ben movimentata e fuori dall'ordinario.
Il risultato è un film trascinato dall'energia del suo protagonista antieroe che punta esclusivamente ad intrattenere, perdendo una buona occasione per giocare con i riferimenti al presente.
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