Titolo: Icarus
Un film di Bryan Fogel con Bryan Fogel, Nikita Kamaev, Grigory Rodchencov
Genere: documentario
Durata: 121 min
Anno: 2017
Voto: 3,5/5
Gioco, passione, competizione, vita. Tutto questo spesso coincide con una sola parola: sport. Può essere un semplice hobby con cui sfogarsi e rilassarsi oppure un vero e proprio impegno a livello professionistico. Ideali e valori positivi, però, si frantumano violentemente quando si scontrano con il muro granitico del doping, problematica concreta e profondamente radicata su diversi livelli istituzionali e non. Bryan Fogel, regista e appassionato di ciclismo, decide di mettersi in gioco in prima persona sperimentando su se stesso gli effetti di farmaci dopanti per dimostrare la fallibilità del sistema dei controlli sugli atleti. Nel pieno della sua prova, però, qualcosa di molto più complesso e importante viene a galla: lo scandalo del doping del mondo sportivo in Russia.
Il secondo film di Fogel, Icarus, è una creatura bizzarra e decisamente difficile da inquadrare, soprattutto per chi, come la sottoscritta, non può fare affidamento su una solida base cinematografica di tipo documentaristico. Questo documentario, infatti, inizialmente racconta quella che, senza troppi giri di parole, è una vera e propria ossessione del regista americano, prodotto di un'epoca in cui anche i più grandi monumenti di sportività cadono inermi sotto il peso della loro disonestà e incoerenza. E' tutto così semplice? Una semplice bugia non troppo innocua può veramente passare inosservata e viziare uno sport amato ed apprezzato?
Gli interrogativi di Bryan trovano parziali risposte con la sua collaborazione con Grigory Rodchencov, ex direttore del centro anti-doping russo, che dimostra la possibilità di adottare metodi poco ortodossi per sfuggire ai controlli istituzionale. Proprio con questo incontro e le sue conseguenze, forse più per fortuna che per abilità, scatta la scintilla che avvia uno scoppiettante quanto inquietante racconto degno delle più intricate spy-story. Gli esperimenti di Fogel e Rodchencov, infatti, si intrecciano, in un valido ed incalzante alternarsi di situazioni e riflessioni, con le indagini che hanno portato alla luce anni ed anni di sotterfugi e operazioni legate alle squadre olimpiche russe preparate, con il tacito consenso delle più alte istituzioni, ad ogni costo alla vittoria. Inizia così la narrazione per niente noiosa, anche a tinte vivacemente thriller, di investigazioni, accertamenti legali e non che hanno visto coinvolti in prima persona il regista e il suo controverso collaboratore. E il parallelismo con 1984, per niente scontato, è la chiave di lettura vincente di questo documentario che fa discutere e riflettere insolitamente sulle bianche bandiere con i cinque cerchi che hanno sfilato pochi giorni fa a Pyeongchang.

La scintillante notte degli Academy Award si avvicina e, come da tradizione, torna il
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Segno, sì, anche se di documentari ne so poco e niente. Categoria che, di solito, salto: forse l'unica. :)
RispondiEliminaAnch'io non sono esattamente a mio agio nel mondo dei documentari. Netflix, tuttavia, mi permette di fare piccole incursioni nel genere come questa: insolita e curiosa, perfetta per riflettere sui retroscena meno accattivanti delle Olimpiadi e, più in generale, dello sport :)
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