Titolo: Dead Man Walking - Condannato a morte
Un film di Tim Robbins con Susan Sarandon, Sean Penn, Robert Prosky, Raymond J. Berry
Genere: drammatico
Durata: 122 min
Ambientazione: Stati Uniti
Anno: 1995
Voto: 3,5/5
Una condanna a morte è stata firmata per Matthew Poncelet (Sean Penn), detenuto considerato colpevole di un feroce omicidio di una giovane coppia compiuto dopo aver violentato la ragazza. Il suo complice, grazie ad un buon avvocato, è sfuggito alla pena capitale con una condanna all'ergastolo. Il condannato, razzista e sprezzante verso il mondo, dichiarandosi innocente, chiede l'aiuto di suor Helen (Susan Sarandon), chiamata a svolgere il ruolo di confidente del carcerato. Le richieste di grazia, però, non vanno a buon fine. Helen, che in passato non si è mai trovata in una situazione simile, supererà le diffidenze iniziali e dovrà affrontare con coraggio e fede i pregiudizi, le convinzioni e le pressioni di un'intera comunità.

Il secondo film dietro alla cinepresa per Tim Robbins affronta un argomento caro al genere drammatico statunitense. Sono innumerevoli, infatti, gli esempi cinematografici che, negli scorsi decenni, hanno tratto un tema difficile ed ancora estremamente complesso come quello della pena di morte, questione che unisce etica, morale, giustizia, giusto e sbagliato annullandone i confini. Per questi motivi, durante la visione, è facile ripensare ad altri film di genere come il celebre Il miglio verde oppure il meno noto The Life of David Gale. Certo, la struttura narrativa di Dead Man Walking è classica: ispirandosi vicende realmente accadute ricostruisce l'insolito legame tra il condannato e la protagonista. Nessun sobbalzo, nessuna prodezza registica. Il film, con qualche momento di facile presa, si affida esclusivamente alla bravura dei suoi protagonisti e riesce a fare a modo suo la differenza.
Le interpretazioni della Sarandon e di Penn sono più che convincente, capaci di mostrare la fermezza della fede di Helen e il cambiamento di Matthew. I loro gesti e il loro sguardo enfatizzano le diverse prospettive sulla vicenda, senza giudicarle, unendole in una sola con un finale diretto e non esattamente canonico che non insiste sulle sofferenze, ma mette a confronto sullo stesso piano verità e convinzioni costringendo lo spettatore a schierarsi anche contro la propria volontà.
Un solido film che ha regalato l'ambita statuetta dell'Academy a Susan Sarandon alla sua quarta candidatura.
Migliore attrice protagonista a Susan Sarandon
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