Al tramonto di questo 2019 ho avuto la possibilità di vivere l'esperienza del
Torino Film Festival grazie agli amici de
IlTermopolio. In tre giorni di avventura ho assaporato lo spirito di una manifestazione che non ha nulla da invidiare ai più rinomati festival di Venezia e Roma con le sue proposte. L'evento del capoluogo piemontese, inoltre, può forse contare anche su un piacevole effetto sorpresa frutto dell'intreccio dell'eleganza del cinema indipendente con l'intrattenimento delle maggiori produzioni. L'aspetto più affascinante di questa esperienza, però, è stato quello di poter finalmente osservare da vicino una realtà in cui la distanza con il pubblico, un grosso ostacolo negli altri festival vissuti quest'anno, è quasi azzerata. Il cinema del Torino Film Festival è fatto da, per e con le persone, dagli abitanti della città fino ai semplici curiosi di passaggio. Non è forse questo il miglior presupposto per un confronto costruttivo e appassionante?
Dopo due stringatissime osservazioni, è ora il momento di fare i conti sui film visti. Nei giorni trascorsi al festival ho potuto gustare in anteprima alcuni dei titoli più attesi ma anche scoprire gioiellini inaspettati. Hanno saputo soddisfare tutti le mie aspettative? Alcuni sì, altri no. Qui sotto trovate l'elenco con dei brevi commenti di tutte le pellicole viste. Troverete le recensioni complete nelle prossime settimane qui sul blog oppure su IlTermopolio quindi… rimanete sintonizzati!
Torino 37
Hvitur, Hvitur Dagur (A White, White Day) di Hlynur Palmason - Recensione
I silenzi del lutto, i segreti e l'indifferenza familiare e, infine, l'esplosione di emozioni. Un film solido e più colorato della sua apparente freddezza che forse si perde in parte nell'indecisione sul genere da interpretare. Il vincitore di quest'anno arriva direttamente dall'Islanda.
Festa Mobile
Dreamland di Miles Joris-Peyrafitte
Inseguendo l'immaginario un po' romantico dei gangster americani degli anni Trenta e Quaranta, il regista racconta la storia di un ragazzo incantato da tale mondo tanto affascinante quanto pericoloso. Legami familiari e polverose leggende si intrecciano in una pellicola piuttosto tradizionale che può sempre contare, però, su Margot Robbie.
Frances Ferguson di Bob Byington
Una giovane insegnante, la noia di una quotidianità insostenibile e uno scandalo di molestie sessuali su uno studente in una piccola cittadina. Bob Byington, con tagliente irriverenza, porta il pubblico in un mondo scomodo con una commedia fuori da qualsiasi schema.
Jojo Rabbit di Taika Waititi
Il titolo di apertura del festival piemontese era uno dei film più attesi dell'anno. In Italia arriverà solamente a Gennaio ma all'estero, nei vari festival, ha già conquistato la critica e il pubblico, garantendosi buone possibilità per la stagione dei premi. Le aspettative altissime, però, hanno forse minato la visione di un film buono e solido ma non così fuori dall'ordinario.
Knives Out di Rian Johnson
Un cast stellare per una storia curatissima nei dettagli, dai toni e ritmi che conquisteranno sin dal primo minuto gli appassionati del genere giallo ma anche i semplici curiosi. Dimenticatevi Star Wars: Rian Johnson è tornato più in forma che mai!
The Projectionist di Abel Ferrara
Abel Ferrara, seguendo le orme di un cipriota migrato negli Stati Uniti negli anni Settanta, racconta la sua visione del cinema componendo una vera e propria ode alla settima arte che sa emozionare tutti gli appassionati.
Queen & Slim di Melina Matsoukas
Con un road movie da i ritmi buoni anche se calanti in alcuni passaggi nella seconda parte, Melina Matsoukas racconta il black pride a stelle e strisce, cogliendo a piene mani sensazioni ed emozioni dall'attualità.
After Hours
Greener Grass di Jocelyn DeBoer e Dawn Luebbe
Rivelazione dell'ultima edizione del Sundance Film Festival, Greener Grass è una satira sociale brillante e tagliente. Il film è un gioiellino di tecnica che, con un'estetica curatissima e qualche eco di Lynch, saprà diventare un cult negli anni.
The Last Porno Show di Kire Paputts
Al suo debutto dietro la cinepresa, il canadese Paputts racconta una storia familiare in cui un'irresistibile ma anche amara ironia conduce lo spettatore all'interno di un difficile rapporto padre-figlio. Non un recupero o un riavvicinamento ma una riscoperta delle proprie radici, più o meno discutibili, e di conseguenza della propria identità in ogni sua sfumatura più scomoda. L'influenza del cinema di Korine è fortissima in un'opera prima irriverente vittima forse di qualche lungaggine.
The Lodge di Severin Fiala e Veronika Franz
Un lutto, dei traumi mai superati e tutta l'inquietante fragilità umana. Tutto questo nel thriller/horror psicologico The Lodge, uno dei migliori titoli visti a questa 37esima edizione del Torino Film Festival.
Tito di Grace Glowicki
Il film della giovane promessa dell'indie americano è interamente costruito su suoni e rumori attraverso cui la storia dovrebbe concretizzare la paura e l'inquietudine del protagonista, interpretato dalla regista stessa. Il risultato è caotico e assurdo. Difficile capire come sia riuscito ad arrivare a un festival.
Rimango certamente sintonizzato, anche perché su alcuni titoli vorrei saperne di più ;)
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